Il lavoro con le parti del sè

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Dentro di noi vivono molte persone

A volte capita di agire d’impulso, senza pensare, scoprendo una parte di noi che non sapevamo neppure esistesse; oppure siamo sopraffatti da emozioni intense che fatichiamo a controllare: ci sentiamo indifesi o feriti, proviamo paura, rabbia, senso di impotenza, senso di non essere all’altezza, insicurezza ingiustificata. A volte ancora può capitare di pensare “non pensavo di reagire in questo modo“, “mi è partito l’embolo, ho perso il controllo e non ho capito più niente”. Altre volte ancora può capitare che ferite passate ricomincino a sanguinare, facendoci male esattamente come se il tempo non fosse mai davvero passato.

Secondo la teoria degli stati dell’Io la nostra personalità è frammentata, ossia composta da una molteplicità di “Io” che prendono l’iniziativa di volta in volta per proteggerci dai pericoli, per garantire la nostra sopravvivenza e renderci meno vulnerabili. E’ un fenomeno comune a tutti: dentro di noi vivono una moltitudine di “parti del sé”, da cui possono derivare pensieri e comportamenti anche contraddittori. Per comprendere e curare se stessi è fondamentale riconoscere l’origine delle parti, il loro modo di aiutarci ed integrarle in modo efficace nell’io adulto.

Come si formano le Parti e come permangono in Noi

Il lavoro con le parti si basa sul presupposto che il neonato/bambino è indifeso e vulnerabile e dipende dagli adulti per la sopravvivenza. Durante l’infanzia di ognuno ci sono momenti di sofferenza, momenti che inevitabilmente procurano delle ferite emotive che fanno male e presto il bambino impara che quando si trova in una situazione disturbante che nessun adulto è in grado di sanare/riparare (o perché non è presente, o perché non riescono ad intercettare la difficoltà in cui il bambino si trova, o perché gli adulti stessi sono la causa di quel disagio) ha come unica scelta per sopravvivere quella di rifiutare le proprie parti più vulnerabili e ferite, spesso creando una corazza che lo protegge dal mondo.

Questo fa si che, con una parte di sé il bambino continua ad andare avanti con la vita normale, mentre le parti ferite e vulnerabili rimangono nascoste, congelate e spesso inaccessibili dentro di noi.

La capacità della nostra mente di dissociarsi in parti è un’ottima strategia per sopravvivere alle situazioni traumatiche ma è anche un meccanismo di difesa che a lungo andare si rivela poco efficace.  Le parti traumatizzate infatti quando si trovano ad affrontare situazioni che ricordano  una precedente esperienza traumatica (trigger) irrompono nella nostra vita in modo incontrollato, generalmente accompagnate da forti sensazioni fisiche (“nodi alla gola”, “buco allo stomaco”, “sensazione di soffocamento”) e da cognizioni negative su noi stessi (“non sono capace”, “non sono degno”, “sono sbagliato”, “c’è qualcosa he non va in me”, “sono impotente“, “sono in pericolo“, ecc.).  Quando una di queste parti emotive fa irruzione nella nostra vita abbiamo la sensazione di essere il bambino arrabbiato, spaventato o angosciato che siamo stati.

Utilità

Il lavoro con le parti non integrate del sé è indispensabile per non sentirsi più indifesi e feriti come il bambino che siamo stati, ma adulti in grado di sanare le sue ferite, prendendoci cura di lui e quindi di noi stessi. Lavorare con le parti del sé significa riconoscerle, accoglierle, validarle e leggitimarle  con lo scopo finale di integrarle.

 

Spezzoni televisivi

United States of Tara – Parti vulnerabili  https://www.youtube.com/watch?v=ujpo0HoTis8

United States of Tara – Tavolo dissociativo  https://www.youtube.com/watch?v=ADE4nyXn_I0

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